Un silenzio vergognoso

Molto probabilmente risulterà superfluo dirvi come la penso sulle recenti parole di papa Benedetto XVI su AIDS e preservativi…semplicemente giudico quanto detto e sostenuto il perpetuarsi, da parte del Vaticano, di posizioni anacronistiche, con evidenti risvolti d’irresponsabile e criminosa incoscienza.

Ciò che però mi ferisce ed umilia è la totale assenza di reazioni dalle istituzioni di questo paese. Atteggiamento che manifesta ancora una volta la sudditanza psicologica ed interessata di coloro che ci governano e ci rappresentano, rendendoli complici di questo inaccettabile attacco alla ragione, alla vita ed alla salute di milioni di esseri umani.

Scagliarsi contro l’utilità dei profilattici come protezione contro il contagio, metterne in dubbio l’efficacia o arrivare addirittura ad asserire che essi costituiscano un pericolo è una forma di disconoscimento della realtà che tanto si avvicina al peggior negazionismo di stampo neofascista.

Ogni persona sana di mente si rende conto di come il preservativo da solo non possa essere considerato la soluzione ad un flagello di tali dimensioni…soluzione inevitabilmente assai più articolata e complessa e ad oggi non ancora disponibile…ma indubitabilmente esso costituisce un elemento indispensabile di prevenzione.

Ministro Sacconi, che in virtù del dicastero che presiede più di tutti avrebbe dovuto mostrare sensibilità e sollecitudine nei confronti delle dannose e pericolosissime affermazioni del pontefice, potrebbe gentilmente farci sapere dove si è nascosto? Il suo silenzio è, fra i tanti e assai riprovevoli, certamente il più vergognoso.

Vorrei poi chiedere a papa Ratzinger, per il nostro bene, in futuro di infilare la testa in un robusto condom prima di iniziare con i suoi farneticanti sproloqui.

Un papa di nome Wanda

wanda

Cielo e Terra

Trovo bizzarro che una istituzione come la Chiesa Cattolica Apostolica Romana, da oltre duemila anni impegnata nel convincere e veicolare le genti con ogni mezzo verso l’idea che tutto sia situato nell’Aldilà, nei fatti se ne stia con i piedi tanto saldamente piantati nell’Aldiqua.

Sono circondato da preti che ripetono incessantemente che il loro regno non è di questo mondo, e intanto mettono le mani su tutto quello che possono afferrare” (Napoleone Bonaparte)

Io, povero stolto che sono, mi domando come mai, se nella visione religiosa ogni cosa è spiritualità e immaterialità, la Chiesa Cattolica Apostolica Romana provi così intenso il desiderio di materializzare e solidificare ogni presunto passaggio del divino.

Benedetto XVI, vestito di stracci, benedice le genti.

Benedetto XVI, vestito di stracci, benedice le genti.

Penso, per esempio, alla ben nota Porziuncola di San Francesco d’Assisi. Una misera chiesetta in rovina, che il frate incontrò durante le sue peregrinazioni, preso dai mistici turbamenti. Egli la riparò con le sue nude mani e lì, in quel luogo umile e spoglio, apprese il significato dei Vangeli. Oggi questo simbolo della santità di Francesco si trova all’interno di un colossale mausoleo barocco, assai fastoso e raggelante. Avvolto in un mastodontico sarcofago che poco ha di spirituale e nulla di umile.

Quale la ragione di tutta questa tensione verso la generazione di sovrastrutture che ingabbino il pensiero e quale il motivo per l’imbarazzante proliferazione di santi e beati? Si vuole forse offrire il maggior numero possibile di appigli ai devoti perchè essi possano rimanere aggrappati ad una speranza vuota, abbarbicati ad una manifesta assurdità, avvinghiandosi a mille e mille nuovi idoli blasfemi? Si intende convogliare le menti dei fedeli all’interno di ricche prigioni decorate, affinchè non possano e non vogliano scorgere quanto si celi oltre le spesse mure della dottrina e del dogma?

Quando il sacerdote indica la Luna, lo stolto non guarda altrove.

Religione illiberale

Mentre nella maggior parte dei paesi civili la libertà di fede religiosa è un dato di fatto ed appartiene all’insieme delle libertà individuale inalienabili, meno evidente è la consapevolezza di quanto assente sia la libertà degli individui se proiettati in una dimensione di fede e ritengo che su questo punto si debba concentrare l’attenzione.

Abbracciando una confessione religiosa automaticamente vengono abbracciati tutti i dogmi, le disposizioni e i precetti che ne fanno parte e che da essa derivano.

Ritengo che sia assurdo e sbagliato pensare di impedire, per esempio, alla chiesa cattolica di comunicare ai propri fedeli ed in generale a chiunque abbia voglia di ascoltarla ciò che essa ritiene sia giusto o sbagliato fare, come ci si debba comportare e cosa sia invece inopportuno e sconveniente. La chiesa cattolica, così come qualsiasi altra chiesa, istituzione religiosa e, più in generale, ogni altra associazione di individui deve poter godere del diritto, garantito dalla costituzione, di esprimere le proprie opinioni, ad eccezione ovviamente di quelle che esplicitamente non siano dalla costituzione stessa considerate illegittime.

Di contro l’Italia, come stato laico, non dovrebbe prendere posizioni condizionata da un credo specifico o da disposizioni provenienti da organizzazioni e associazioni di alcun tipo. Dovrebbe essere libera e impermeabile a qualsiasi genere di condizionamento, agendo in piena autonomia ricercando nello svolgimento dei propri compiti e attività quelle soluzioni che vadano a vantaggio dell’intera collettività.

Questo è, per così dire, l’ideale verso cui tendere. Nella realtà le cose sono assai diverse e distanti.

Il problema risiede infatti nella natura stessa della dottrina cattolica, così come in quella di qualsiasi altra dottrina.

Prendiamo un esempio che possa funzionare da modello: l’uso del profilattico (ugualmente si potrebbe parlare di fecondazione assistita, dell’aborto, dell’omosessualità, etc…). L’utilizzo del profilattico è inviso alla chiesa cattolica, per motivazioni che sono legate indissolubilmente alla propria etica, alle proprie posizioni in tema di sessualità ed alle interpretazioni che negli anni ha fatto delle sacre scritture a cui fa riferimento.

La posizione ovvia dello stato laico dovrebbe consistere nel non impedirne l’utilizzo a chi lo ritiene opportuno e nel non obbligarne l’uso. Unitamente a ciò vi dovrebbe logicamente essere una chiara presa di posizione, supportata da evidenze scientifiche e oggettive, in favore del suo impiego come strumento indispensabile per far fronte a determinate problematiche come l’esistenza di malattie sessualmente trasmissibili. Presa di posizione che deve manifestarsi non in forma impositiva, bensì come avvertenza alla popolazione. Resta quindi inteso che lo stato laico non si pone come portatore di verità e doveri dogmatici nei confronti dei propri cittadini (chi non desidera usufruire del profilattico, poiché il credo in cui ripone fede lo impedisce, può tranquillamente non utilizzarlo rispettando così la religione di appartenenza).

Diverso è l’atteggiamento religioso, ovvero lo stesso fedele che dallo stato viene equiparato in termini di diritti e doveri a qualsiasi altro cittadino e per questo è a tutti gli effetti detentore di libertà innegabili e inviolabili, diversamente viene visto se scrutato attraverso il filtro della religione.

La libertà, concessa dallo stato (utilizzare o meno il profilattico) svanisce sostituita da un divieto assoluto e inappellabile.

La contraddizione si genera quando chi, come rappresentante dello stato laico, deve legiferare in merito ad una problematica di questo tipo, contestualmente abbraccia una fede che sulla problematica in oggetto impone una posizione specifica di obbligo o divieto.

Questo rappresentante istituzionale si troverà nella scomoda posizione di dover esprimere il proprio giudizio da un lato valutando ciò che è meglio per la collettività (norma a validità generale) e dall’altro vincolando la propria idea a quanto gli viene dalla fede religiosa che supporta (spesso nella convinzione che essa coincida con il bene comune).

Il risultato di questo conflitto rischia di portare a leggi tali da imporre, anche a chi non crede nella serie di norme e precetti derivanti da questa o quella particolare religione di cui il legislatore è sostenitore, obblighi che da essa derivano. Da qui l’illiberalità della fede.

Tale cortocircuito appare insormontabile, quindi inevitabile a meno di complicate operazioni di sdoppiamento che il legislatore dovrebbe compiere lasciando al di fuori delle sedi istituzionali il proprio credo per riabbracciarlo non appena espletata la propria funzione e divenendo nuovamente un semplice libero cittadino.